Collevecchio - Guida Turistica

CERCA ALBERGHI
Alberghi Collevecchio
Check-in
Check-out
Altra destinazione


.: DA VEDERE
 La Collegiata dell'Annunziata (fine XII sec.), sita sulla piazza principale del borgo, con un bel portale del XV secolo. All'interno la chiesa ha assunto una configurazione barocca dovuta ai rimaneggiamenti avvenuti nel XVIII secolo. In essa sono conservate alcune opere di notevole interesse, fra cui un crocefisso ligneo policromo (VIII-IX sec.) di stile bizantino, proveniente dall'antica cappella di San Valentino e anteriormente dalla chiesa del castello di Mozzano, e una deposizione eseguita nel 1435 da un pittore fiammingo, copia di un originale di Roger Van der Weyden, attualmente conservato. Ai fianchi dell'abside due iscrizioni ricordano due illustri cittadini collevecchiani: sulla destra dell'altare cè il busto marmoreo di Marcantonio Cerbelli, attribuito al Bernini dal Piazza, e sulla sinistra un medaglione ottocentesco con il profilo di don Vincenzo Petrarca. Notevole il campanile romanico con doppio ordine di bifore. Distrutto parzialmente da un fulmine verso il 1780, fu immediatamente ricostruito secondo il modello originario. Con lo stesso intervento furono anche posti un nuovo orologio e una nuova campana. Su questà ultima si legge il nome di Felice Filippi, allora priore di Collevecchio, e il nome del fonditore Riccardi. L'antica cappella di S. Pietro, della quale è ancora visibile su via Menichini il portale d'ingresso con due scritte sovrapposte aventi il medesimo significato.
  La chiesa della Madonna del Rifugio, subito fuori di porta romana, edificata nel 1586. L'edificio è ad unica navata con due cappelle, una per lato. Nel piccolo campanile è inserita la campana, realizzata dal fonditore locale Orazio Pioli nel 1613. All'interno si trova il sepolcro di Ortenzio De Rossi, commissario generale della Camera Apostolica sotto Paolo V.
  La chiesa di S. Andrea (1614), sulla collina a nord del paese, con al suo interno interessanti dipinti di scuola veneta del tardo '500. Dipinti, purtroppo non più in loco. Il limitrofo convento cappuccino di S. Maria (XVI sec.), ora sede della comunità Il Cammino, che conserva al suo interno un Adorazione dei Magi di scuola bolognese della seconda metà del '500, dipinto recentemente restaurato.
  La chiesa di S. Maria d'Isciano (XVI sec.), sopra un colle che si erge sulla statale sabina, costruita sulle vestigia di una chiesa più antica, secondo la leggenda a sua volta edificata sulle rovine di un antico tempio di Giano, già patronato di Blosio Palladio, poi proprietà Floridi, ora Filippi, con interessanti affreschi del XVI - XVII secolo raffiguranti al centro l'Annunciazione; sul lato sinistro il martirio di santo Stefano e su quello destro san Francesco che riceve le stimmate con in basso Frate Leone; sulla lunetta superiore al centro San Giuseppe con il bambino, sulla destra Blosio Palladio, decuius del committente, e sulla sinistra un'altra figura, forse Francesco Florido Sabino, purtroppo andata persa. Sull'angolo destro in alto è raffigurato lo stemma dei cappuccini. Al centro dell'arco che incornicia l'Annunciazione è visibile lo stemma del Palladio con l'emblema dell'egida di Pallade: la Medusa.
  Il palazzo Coperchi (XVI sec.), in via Roma, realizzato su disegno di Antonio da Sangallo il giovane, passò nel tempo a diverse famiglie, fra cui i Ferrari e i Piacentini. Ora, completamente restaurato, è divenuto sede della beauty-farm Palazzo Ben Essere. S
  Il palazzo Menichini (XVI sec.), ora Pistolini, nella omonima via, realizzato su disegno del Vignola, con all'interno uno splendido camino seicentesco. Su un lato si erge una torre che termina con una cuspide che domina l'intero fabbricato e alla quale si accede dal piano terreno con una lunga scala elicoidale costruita con monoblocchi di pietra. Si apre nel palazzo, con un portico che parte dalla corte d'ingresso, la Porta Umbra, una delle storiche vie d'accesso al paese.
  Il palazzo Rosati (XVII sec.), in via Antonio Segoni, ora sede municipale, in passato fu anche proprietà della famiglia Segoni e in parte adibito a scuola gestita dalle sorelle della carità (fondazione Costanza Americi). In seguito fu completamente utilizzato come scuola prima dalle stesse suore (Lascito Antonio Segoni e donazione Torello Abati), poi dal comune. Recentemente l'amministrazione comunale ha provveduto alla sua sistemazione e al suo restauro, restituendolo all'uso pubblico.
  Il palazzo Soderini, (XVI sec.) che prima fu degli Antamoro, dei Floridi, dei Colangeli e, probabilmente, di Blosio Palladio. Ora condominio.
  Il palazzo Filippi, (XVII sec.) sulla piazza principale, ristrutturato in epoca neoclassica., Col restauro sono stati riuniti due edifici:. il primo, posto fra la piazza principale e il corso; l'altro sito fra la via fuori le mura e il corso e con accesso dalla corte interna attraverso il vicolo delle monache, fu in passato sede di un convento di suore. Al suo interno una bella scala con basamenti a colonna, tipici dell'architettura dell'epoca della ristrutturazione. Sulle lunette delle porte che si aprono sulla scala dell'antico convento sono ancora visibili affreschi seicenteschi. Le due facciate che danno sul centro del paese sono state recentemente restaurate secondo la loro conformazione originale.
  Il palazzo Oliva, sulla destra del corso prima del vicolo, prende il nome dal blasone di Patrizio Oliva, medico di fine 700, posto sopra il portone d'ingresso. Il palazzo poi passò ai Gualdo, ai Piacentini, ai Filippi, ora è proprietà dei D'Agostino-Orsini di Camarota.
  Il palazzo Jacobelli, (XVI sec) sulla destra del corso all'angolo col vicolo. Sul portale spicca lo stemma cardinalizio della casata. Il palazzo è stato poi proprità dei Colangeli e recentemente dei Buccellato.
  Il palazzo Cappellini - Cornacchioni, sull'omonimo vicolo, poi Petrarca, quindi Abati, ora Pistolini. Costruzione seicentesca completamente ristrutturata in epoca neoclassica e successivamente in epoca liberty. All'interno un interessante scala con colonne testimonia il restauro neoclassico, mentre gli stucchi del primo salone risalgono al primo 900.
  Il palazzo De Rossi, poi Rosati, ai piedi del paese sovrasta la Porta Romana, formando con la sua corte il primo contrafforte difensivo dell'antico castello. Da notare alle finestre interessanti fregi settecenteschi. Al suo interno, recenti restauri eseguiti sulla porzione attualmente di proprietà Silvestri, hanno messo in luce pareti e soffitti adornati di preziosi decori.
  Il palazzo Clavelli, sulla via Senatore Piacentini, giù via vecchia, patrimonio della famiglia che ha dato al paese il maggior numero di notai. Passato poi ai Piccarozzi e quindi ai Mondi.
  La villa San Giovanni, sulla strada per Cicignano, in passato appartenuta ai Cruciani, ai De Rossi, poi ai Rosati, ora di proprietà Maggiorani, è situata lungo la strada che da Collevecchio porta alla frazione di Cicignano Al suo interno una cappella gentilizia ed un altana dalla quale con lo sguardo si domina su tutte le colline circonvicine. Nel parco si erge un leccio ultracentenario il cui diametro alla base misura oltre quattro metri. Non cè più traccia, se non quanche frammento di colonne e capitelli, dell'antica chiesa consacrata a San Giovanni dai De Rossi su una cappella più antica, probabilmente edificata dai Cruciani.
  Il Palazzo Apostolico (XVII sec.) sulla piazza principale, sede del Governatore Generale della Sabina, ora condominio, e, più anticamente, palazzo della Signoria. Sull'architrave del portale dì ingresso spicca lo stemma degli Orsini. Sulla facciata, sopra le finestre del'primo piano, si alternano fregi posti successivamente che richiamano il drago alato dei Borghese (Paolo V) e la stella ad otto punte degli Albani (Clemente XI).
  Il Palazzo del tribunale pontificio (XVII sec.), con le annesse carceri, che fa angolo fra la piazza principale e il corso. Immobile costruito su esplicita indicazione di papa Paolo V, per offrire al governatorato una sede per l'amministrazione della giustizia
  La Porta Romana, situata ai piedi del paese, da essa partiva la via che anticamente conduceva a Roma (il c.d. Passo di Roma). La porta antica attualmente e murata e inglobata nel palazzo De Rubeis. Essa era stata realizzata per funzione difensiva con grosse pietre legate fra loro da un sistema di incastri e un ponte levatoio del quale rimangono i fori di uscita delle catene. Adiacente alla porta era l'alloggiamento del corpo di guardia. L'attuale porta, con chiusura a cardini, è tarda opera seicentesca con funzione più che altro decorativa. Si ricordano anche le altre due porte del paese:
  Il Monumento ai caduti della Grande Guerra, di fronte alla porta romana, opera dello scultore senese Gino Mazzini. Il monumento, costruito dal comune sul terreno appositamente donato da Giulio Cesare Filippi, fu inaugurato nel 1920. Le targhe apposte ai lati del monumento riportano i nomi di tutti i cittadini collevecchiani deceduti nelle guerre del secolo appena trascorso.